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Perchè l'antiproibizionismo è logico [e morale]
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"Facciamo tutti cose incredibili per procurarci la droga, come metterci il cappotto e uscire in sere piovose in cerca di un tabaccaio o di un distributore di sigarette: per la droga siamo tutti disposti a fare sacrifici e grandi sforzi di volontà. Ci droghiamo tutti, e lo facciamo fin dalla preistoria, perché ci piace."
Un libro che smonta, con meticolosa documentazione e appassionato amore per la libertà dell'individuo, le argomentazioni proibizioniste, e ne smaschera un paternalismo e un moralismo difficilmente compatibili con una democrazia liberale.
Perché è proibita la vendita di eroina, mentre non lo è quella di attrezzature da alpinismo, nonostante la montagna mieta piùvittime del famoso oppiaceo? Perché è possibile acquistare alcol e tabacco, sperperare interi patrimoni famigliari in infernali videopoker da bar, mentre è illegale la vendita di marijuana che crea una dipendenza molto meno forte?
E ancora: perché cento anni di "guerra alla droga" si sono rivelati un clamoroso fallimento, dal punto di vista economico, sociale e dell'ordine pubblico?
Questo libro suggerisce una risposta semplice: la maggior parte delle contraddizioni e dei fallimenti riguardanti "la guerra alla droga" dipendono dalla proibizione stessa. È la proibizione che impedisce un controllo sulle sostanze, lasciando che circolino stupefacenti dalla composizione sconosciuta. È sempre la proibizione che alimenta un sistema criminale attorno alla produzione e alla vendita di droga. È infine la proibizione che pretende di stabilire cosa è dannoso per i singoli individui e vieta di assumere droghe nel modo piùsicuro possibile.
Attraverso una lucida disamina degli argomenti proibizionisti, l'autore svela che essi si fondano su un moralismo mosso da un illogico desiderio di controllo sociale.
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