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Slow News ci insegna a rallentare per scegliere in maniera critica che cosa mettere nel paniere: per difenderci dalla disinformazione, per fare notizia, per diventare noi stessi giornalisti.

"È la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente, niente!". In una pellicola degli anni Cinquanta il giornalista Humphrey Bogart lo diceva al criminale di turno, dando avvio alle rotative.

Ma la stessa battuta, trasposta nella nostra società ipermediatica, sembra descrivere anche la situazione del consumatore di fronte all'assalto del ciclo continuo dell'informazione.

Pensiamoci un momento: inconsapevolmente, ci facciamo imbonire da ventiquattro estenuanti ore di scoop e breaking news, approfondimenti e interviste, valutazioni degli esperti e immagini in esclusiva. Esondano dagli schermi della TV, dalle autoradio, dai siti dei quotidiani ci raggiungono nella inbox dell'email e persino sul telefono. Ma abbiamo proprio bisogno di tutte queste notizie in tempo reale?

Secondo Peter Laufer la risposta è no. Possiamo, dobbiamo essere noi a decidere attivamente che cosa è importante sapere, in quale momento e da quale fonte solo così avremo il tempo di assaporare e digerire ciò che conta davvero. Perché l'informazione è vitale, tanto quanto il cibo, e una buona dieta mediatica deve essere nutriente e bilanciata.

Autore

Peter Laufer vive a Eugene, negli USA, dove insegna giornalismo alla University of Oregon. Dagli anni Settanta si occupa di attualità e tematiche sociali alla radio, per la stampa e come documentarista. È stato a lungo corrispondente dall'estero per NBC News ha collaborato con San Francisco Chronicle, Penthouse, Washington Post, NBC Radio e CBS Radio come esperto di vecchi e nuovi media è stato consulente per l'UNESCO e diverse emittenti radiofoniche in Europa e negli USA. È autore di numerosi saggi, tra cui Sironi Editore ha pubblicato La battaglia delle farfalle (2010).

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Ecco com'è fatto

Slow News ci insegna a rallentare per scegliere in maniera critica che cosa mettere nel paniere: per difenderci dalla disinformazione, per fare notizia, per diventare noi stessi giornalisti.

"È la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente, niente!". In una pellicola degli anni Cinquanta il giornalista Humphrey Bogart lo diceva al criminale di turno, dando avvio alle rotative.

Ma la stessa battuta, trasposta nella nostra società ipermediatica, sembra descrivere anche la situazione del consumatore di fronte all'assalto del ciclo continuo dell'informazione.

Pensiamoci un momento: inconsapevolmente, ci facciamo imbonire da ventiquattro estenuanti ore di scoop e breaking news, approfondimenti e interviste, valutazioni degli esperti e immagini in esclusiva. Esondano dagli schermi della TV, dalle autoradio, dai siti dei quotidiani ci raggiungono nella inbox dell'email e persino sul telefono. Ma abbiamo proprio bisogno di tutte queste notizie in tempo reale?

Secondo Peter Laufer la risposta è no. Possiamo, dobbiamo essere noi a decidere attivamente che cosa è importante sapere, in quale momento e da quale fonte solo così avremo il tempo di assaporare e digerire ciò che conta davvero. Perché l'informazione è vitale, tanto quanto il cibo, e una buona dieta mediatica deve essere nutriente e bilanciata.

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