Storia di una morte opportuna

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"Riccio ci dà una lezione di moralità professionale, che in primo luogo consiste nell'assumere fino in fondo le proprie responsabilità di fronte al vero protagonista della vicenda, la persona che chiede collaborazione per poter continuare a governare la propria vita in una condizione di libertà ormai preclusa dalla situazione del corpo."

dalla Prefazione di Stefano Rodotà

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Ecco com'è fatto

Immobilizzato da anni nel suo letto, incapace di respirare se non grazie a una macchina, nell'autunno 2006 Piergiorgio Welby - malato di distrofia muscolare progressiva - rende pubblica con un appello diretto al presidente della Repubblica la sua richiesta di essere lasciato morire. Il dottor Mario Riccio, anestesista di Cremona, si assume la responsabilità di fare come Welby chiede: dopo averlo sedato, lo distacca dal respiratore artificiale che lo tiene in vita.

Questo è il diario che Riccio ha tenuto durante i giorni della morte di Welby, nel dicembre 2006, e poi nei mesi successivi è il suo punto di vista non solo sulla vicenda strettamente "medica", ma anche sull'aspro confronto che si è sviluppato in Italia fin dall'appello di Welby ed è il resoconto dell'iter processuale cui Riccio è stato sottoposto, fino alla sentenza di proscioglimento.

La giornalista Gianna Milano, dialogando con l'esperienza umana e professionale narrata da Riccio, ha realizzato un ricchissimo commentario al testo, un contrappunto che restituisce lo sfondo degli eventi in un percorso parallelo: la cronaca, il dibattito politico, bioetico e culturale, i documenti giudiziari che hanno contribuito a una maggior chiarezza su accanimento terapeutico, consenso o rifiuto delle terapie, diritto al morire, cure palliative, testamento biologico ed eutanasia.

I tribunali avevano riconosciuto a Welby - in via teorica - il diritto civile di sospendere la terapia. Che un medico abbia ritenuto suo dovere attuare quel diritto crea un precedente deontologico, politico, culturale. Dando senso al sacrificio di Welby - che ha scelto di chiedere una soluzione pubblica a una vicenda privata, per aprire la strada al riconoscimento del diritto all'autodeterminazione del malato - la decisione di Mario Riccio è uno spartiacque e mostra che una via è percorribile.

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